lunedì 16 aprile 2012

Moda e ADV

Verrebbe facile pensare come in un momento storico non esattamente favorevole, le aziende cerchino di limitare i propri investimenti in comunicazione e pubblicità, per magari dirottare le proprie risorse in aree quali la ricerca e sviluppo o per sanare la propria posizione finanziaria. Si può pensare a ragione ad una spending review.




Non la pensano così molte tra le maggiori case di moda, le quali hanno fatto registrare un aumento, in alcuni casi un impennata, come ad esempio Prada, che nello scorso esercizio ha segnato un +84% rispetto al 2010 per quanto riguarda l'investimento in comunicazione.
Secondo uno studio svolto da Pambianco, nel 2011 ben 702 milioni di euro sono finiti nelle casse di inserzionisti, agenzie pubblicitarie e, in generale, sono serviti per finanziare il piano di comunicazione pubblicitaria.
L'incremento complessivo è stato di circa 10 punti percentuali, al quale hanno contribuito sia aziende nostrane che estere, sia nell'industria della moda che in quella più ampia dei prodotti lifestyle.




"So che la metà dei soldi spesi in pubblicità sono buttati via, il guaio è che non so quale metà sia" recita una frase nota agli addetti ai lavori del mondo pubblicitario: in molti sono convinti che questo tipo di spesa sia inutile, non crei valore, non aiuti il business.
I numeri confermano il contrario invece: probabilmente non è una riduzione dell'ammontare speso per questa voce che si sistemano i conti. Anzi, si rischia forse di perdere anche la clientela più affezionata se non si cura l'immagine del brand per risparmiare qualche spicciolo, focalizzandosi troppo sulle performance nel breve periodo.
Un investimento più mirato e targettizzato, più diretto al segmento di clienti che si vuole servire, può invece aiutare a far ripartire (o incrementare) le vendite e quindi anche i risultati economici globali.




Manca solo da capire una cosa: avevate notato questa maggiore presenza su giornali e riviste o sugli schermi televisivi dei brand al top della classifica degli investimenti in comunicazione?

lunedì 9 aprile 2012

Occhiobello otulet

Buongiorno a tutti, cari lettori!
Inauguriamo la sezione del blog più attenta al nostro territorio con una tematica molto discussa in questi ultimi mesi.
Protagonista del post di oggi è la famosa città-outlet di Occhiobello, la quale sembra sia prossima all'apertura. Stando alle ultime fonti, ora tutte le necessarie autorizzazioni sono arrivate e ciò che manca è solo una data ufficiale per l'inaugurazione. A nulla sono quindi servite le svariate proteste degli esercenti delle vicine Rovigo e Ferrara e dei rispettivi Comuni e associazioni, le quali hanno avuto l'unico effetto di ritardare il giorno in cui il centro sarà pronto ad accogliere i numerosi visitatori attesi. L'investimento per la realizzazione di questo progetto ammonta a circa 50 milioni di euro, cifra considerevole in un periodo delicato come questo. Ulteriore outlet, quindi, in Veneto, regione che già ospita un'importante centro a Noventa di Piave.
Sul sito dedicato sono già a disposizione diverse informazioni sia per i futuri clienti che per chi è in cerca di un'occupazione, oltre che alla mappa dei negozi e altri dati.



Anche i numeri confermano che quello degli outlet è un business che funziona, soprattutto in un periodo difficile come questo: alla flessione di oltre 5 punti percentuali nelle vendite dei capi autunno/inverno si è infatti contrapposto un deciso +30% per quanto riguarda il medesimo indicatore negli outlet.
Dei numerosi punti a favore di questo tipo di modalità di acquisto ne abbiamo già parlato (qua), ma non abbiamo ricordato come uno dei "contro" sia il lasciare sempre più vuote le piazze e le città in generale: le conseguenze negative per bar, ristoranti ed, ovviamente, negozi sono facili da intuire.

giovedì 26 gennaio 2012

In ritardo


Rieccoci cari follower!
Di nuovo al vostro servizio per condividere opinioni e scambiarci punti di vista.
Oggi vi proponiamo un argomento che è oggetto di molte discussioni soprattutto tra imprenditori. Stiamo parlando del rapporto che le aziende o i professionisti hanno con la Pubblica Amministrazione, in particolare nelle situazione in cui in debitore, per una volta, è lo Stato.
Accade sempre più frequentemente che il debito, spesso maturato per consulenze o a causa di lavori di interesse pubblico come strade o edifici, venga estinto ben oltre i classici 180 giorni, arrivando in casi estremi oltre l'anno. 
Mettetevi nei panni dei titolari di imprese che principalmente operano con questi enti: la liquidità diventa un grosso problema. I fornitori non si pagano coi crediti dello Stato, ne si possono remunerare i dipendenti con un anno di ritardo. Ed ecco che per sopravvivere ci si ingegna, magari evadendo quei pochi ricavi che non derivano da commesse statali. Un inefficienza dell'apparato pubblico ne genera un'altra, entrando in un drammatico circolo vizioso.
Come detto infinite volte, evadere non fa altro che peggiorare la situazione, considerando che i mancati introiti statali di certo avranno l'effetto opposto di accelerare i pagamenti verso i privati, anzi.
Di ieri è la notizia che sono stati destinati circa 6 miliardi di euro per iniziare a ripagare il debito che la PA ha verso i privati. Buono l'inizio, anche se lo stock da restituire è di 65 miliardi.
Piano piano si prova a raddrizzare la situazione e i mercati sembrano apprezzare l'operato del governo Monti: la strada imboccata sembra quella giusta, speriamo di percorrerla fino in fondo.



giovedì 5 gennaio 2012

Natale a Cortina

Ne hanno parlato giornali, televisioni, blog e chi più ne ha più ne metta.
No, non stiamo parlando degli incassi dell'ultimo cinepanettone, i quali a quanto pare sentono a loro volta la crisi. L'argomento di oggi riguarda un tema già accennato in passato, ovvero l'evasione fiscale, uno dei fardelli che da troppo tempo si porta sulle spalle la vecchia Italia.
Dei dati di questa vicenda ne avrete sentito parlare fin troppo, per cui non andiamo a ripetere cose già note. Sembra, tuttavia, il caso di condannare ancora una volta il comportamento di troppe persone che troppo spesso non si comportano da onesti cittadini come dovrebbero.
Il contorno di questa vicenda sono le splendide Dolomiti di Cortina, patrimonio che tutto il mondo ci invidia e che ogni anno attira turisti da ovunque. Turismo, da un punto di vista puramente economico, significa maggiori entrate per gli esercenti e, indirettamente, per lo Stato attraverso l'imposizione sul reddito. Questo è quello che ci dice la teoria, quello che dovrebbe accadere. Frequentemente, purtroppo, ciò non accade, a causa della diffusa pratica di nascondere le entrate per esempio attraverso la mancata emissione dello scontrino. I controlli di questi giorni hanno dimostrato ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, che da noi funziona così.
Gli accertamenti hanno poi portato alla luce non solo le mancate fatturazioni dei commercianti, ma anche i redditi di coloro che trascorrono le vacanze nella Perla delle Dolomiti, località notoriamente non accessibile a tutti. Numeri imbarazzanti anche in questa occasione.
Inutile ricordare che così facendo si danneggia l'intera comunità, che gli sforzi che si chiedono per tenere in ordine i conti pubblici in questo modo sono solo una perdita di tempo ed uno spreco di soldi. Per non parlare di chi condanna l'attività di accertamento per paura di perdere la clientela, la quale sembra che pernotti nel capoluogo ampezzano solo per comprare senza ricevere fattura, risparmiando pochi euro. Assurdo. A poco servono manovre e decreti se la mentalità è questa.