martedì 27 dicembre 2011

Meno pacchi sotto l'albero

Ve lo avevamo preannunciato una ventina di giorni fa, quando avevamo parlato del black friday.
Le vendite natalizie sono da sempre un termometro per l'economia, ci dicono molto sulla salute delle tasche dei consumatori. Bene, se c'è un dottore in sala è il caso di chiamarlo.
L'Osservatorio di Federconsumatori ha reso noti i dati riguardanti le festività da poco trascorse. C'è da preoccuparsi. Natale è tra le poche occasioni annuali in cui le folle si riversano nei negozi e spendono parte delle loro finanze per i tradizionali regali. Da sempre questo periodo è atteso dai negozianti come la manna dal cielo, è una boccata d'aria fresca: anche per gli esercenti il periodo non è dei migliori e incassare e far ruotare il magazzino smaltendo le scorte aiuta notevolmente.
Purtroppo, quest'anno ha vinto la paura della tanto annunciata recessione del 2012, ha dominato l'incertezza sul futuro, e i soldi, quei pochi che sono rimasti, sono ancora sotto il materasso. Certamente anche la riforma da poco approvata dal governo Monti ha contribuito a portare questo tipo di situazione. I dati parlano del Natale peggiore dal 2000, con una flessione dei consumi di oltre 400 milioni e segno negativo nelle vendite in tutti i settori, tranne l'elettronica.
Considerando che i consumi determinano circa il 70% del PIL, capite bene quanto possa preoccupare un calo così netto in un periodo che da sempre rappresenta una buona fetta del totale annuale.
Meno regali sotto l'albero e qualche portata in meno al classico pranzo di Natale quindi: non era di certo quello che volevamo dopo un anno così complicato. 
E pare che il peggio debba ancora arrivare...



martedì 13 dicembre 2011

Outlet

Buongiorno a tutti! 
Natale è alle porte e, come tutti gli anni, col passare dei giorni aumenta la frenesia per trovare il regalo perfetto. C'è chi setaccia i negozi del centro e chi, invece, si muove alla ricerca di soluzioni migliori o più vantaggiose rispetto a quelle disponibili nei paraggi.
Molti sicuramente programmeranno il navigatore verso l'indirizzo di una delle numerose città-outlet che il territorio italiano offre. L'argomento di oggi è proprio questo, l'analisi del fenomeno outlet.
Partiamo, come usuale per noi, dai dati (fonte Pambianco): una delle maggiori aziende del settore in analisi, McArthurGlen, nell'anno in corso ha registrato un ottimo +12% per quanto riguarda il fatturato e continue inaugurazioni di Designer outlets. Numeri niente male, alla faccia della crisi, la quale senza ombra di dubbio ha aiutato la crescita di questo gruppo. Quando il portafoglio piange, si sa, la spesa è più ponderata, ma difficilmente si rinuncia ad avere nel guardaroba gli abiti che si desiderano. Una pizza in meno al sabato sera e una sciarpa in più verrebbe da dire.
Grazie all'offerta dei negozi, che abbinano la qualità dei grandi brand al risparmio, sempre più persone (non solo italiani) fanno tappa nelle varie città-outlet, anche a costo di trascorrere ore e ore in macchina. Difficilmente vedrete uscire qualcuno da questi paradisi dello shopping con le mani libere da sporte o senza aver strisciato la carta di credito.




Il prezzo da pagare per tutto ciò? Le spese di trasporto per raggiungere la meta sono un fattore da tenere in considerazione. Ovviamente, poi, non troverete i capi dell'ultima collezione, non ci saranno gli accessori più in voga del momento, ma per gli evergreen, i capi più classici, c'è ampia scelta. 
Le grandi casa della moda non si sono fatte sfuggire questa opportunità di business (pensate solamente alla più agevole gestione dell'invenduto nei vari retail), arrivando addirittura a proporre soluzioni esclusivamente riservate per gli outlets.
C'è anche chi festeggia, quindi, nonostante le difficoltà economiche e finanziarie che coinvolgono tutta Europa.
Voi siete mai stati in una città-outlet? Che ne pensate dei prodoptti offerti? Può essere questo il mix vincente?





martedì 6 dicembre 2011

La grande esclusa

Dopo anni e anni di inattività si è risvegliato lo spirito riformista italiano grazie al nuovo premier Mario Monti. Proprio in questi giorni, infatti, è in corso di elaborazione il testo di quella grande manovra correttiva che tutta Europa ci chiede per risanare le nostre finanze. Nell'attesa del testo definitivo, si parla di pensioni, IRPEF, ICI, patrimoniali e chi più ne ha più ne metta..nell'incertezza, tuttavia, si pensa già a come e dove investire i propri risparmi per sfuggire al fardello dell'imposizione.
Molti richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica su un'area non minimamente toccata da quelli che presumibilmente saranno i provvedimenti che si andranno ad attuare: i beni della chiesa, in particolare quelli ad uso non esclusivamente commerciale.
Come sicuramente vi è noto, una delle imposte protagoniste della riforma sarà l'IMU (circa la vecchia ICI). Ebbene, restano esclusi dal carico fiscale gli immobili che rientrano nella categoria poco sopra richiamata. Sul web e sui vari social network già da tempo le polemiche si sprecano a riguardo, c'è chi attacca e chi smentisce. Fatto sta che basta che parte di un albergo, di un ristorante o di qualsiasi altra attività contenga al suo interno una zona "religiosa" che si è automaticamente liberi dal versamento dell'imposta in quanto viene a mancare il requisito dell'esclusività commerciale. 
Giusto o meno che sia, così è, almeno per adesso.
Si è parlato di equità, questa doveva essere la vera protagonista della manovra correttiva. Forse nemmeno in questa situazione si ha fatto centro.


lunedì 28 novembre 2011

Black Friday

Di solito l'aggettivo black non è mai sinonimo di eventi positivi. Di solito, non sempre.
Il Black Friday è il giorno seguente al Thanksgiving Day, il giorno del Ringraziamento per gli americani. Molti prendono questa data come l'inizio dello shopping natalizio, anche se con un mese di anticipo. Per i commercianti è forse il giorno più impegnativo dell'anno, per i consumatori è ormai un must.
Ma che cosa succede in questa particolare data?
I negozi sono aperti dalle prime luci dell'alba per accogliere masse di clienti pronti a spendere i propri risparmi tra gli articoli scontati tipici dell'evento. Si, sono gli sconti i veri protagonisti della giornata, da molti sfruttati come occasione per iniziare a soddisfare alcuni dei desideri natalizi. Code infinite fuori dai negozi, spintoni, corse per l'ultimo pezzo di quel tanto desiderato articolo. Ma non solo retail fisici: quest'anno anche le vendite on line hanno fatto la voce grossa, segnando un +20% abbondante, in attesa del Cyber Monday (che è proprio oggi), il giorno dedicato all'e-commerce.
Il trionfo del consumismo ancora una volta?
Per la sua rilevanza e popolarità, questa data (e le cifre che la coinvolgono) viene presa come termometro dell'economia statunitense, in modo da stabilire se il trend delle vendite e le aspettative verso Natale, altra data-riferimento, siano positive o negative.
Ma attenzione: una spesa elevata può segnalare disponibilità a pagare e desiderio di consumo, ma anche di difficoltà ad acquistare il medesimo articolo a prezzo pieno. Quindi si anticipa o si rinvia a tale data per risparmiare e fare bella figura per i regali al nipotino. Cambia il collocamento temporale della spesa, non il suo volume. Questo senza ombra di dubbio non è un buon segnale: ok, si svuotano i magazzini, si fa fatturato, ma l'americano medio non sta poi così bene. E andando ad indagare sui principali dati macroeconomici pare che sia questa seconda visione quella più corretta. 
La vera soluzione di questo dubbio? La troveremo sotto l'albero.
Voi che ne pensate? Avete avuto modo di sfruttare alcuni sconti? 







mercoledì 23 novembre 2011

Sogni di recessione



Post inedito per voi oggi.
Una provocazione senza mezzi termini di un operatore di borsa dalle chiare origini italiane riguardo la situazione dei mercati in questi mesi. Si parla di desideri di recessione pur di cogliere opportunità di business, di insensibilità del mondo della finanza verso l'economia reale. Insomma di carne al fuoco ce n'è in abbondanza! Il video è in inglese ma abbastanza comprensibile.
Che ne pensate? Siete sempre più indignados? Concordate sul fatto che anche il periodi bui per l'economia c'è possibilità di guadagnare, magari a spese di altri? Dubitate sempre di più di questa finanza senza scrupoli?
A voi la parola.

domenica 20 novembre 2011

Onorevole Web

Buongiorno e buon weekend a tutti!
Il tema che vi proponiamo oggi, decisamente più soft rispetto a quelli recentemente trattati, è estremamente attuale e oggetto di dibattito sia a livello mediatico che politico.
Partiamo con una domanda: perchè non istituire un Ministro di Internet?
Per rispondere a questa domanda si sono scomodate molte delle più importanti penne della nostra editoria, portando dati e argomentazioni a supporto della loro tesi.
Che Internet sia nella vita quotidiana di tutti noi è innegabile, che sia un mezzo di comunicazione strepitoso anche, che nasconda tra i suoi codici infinite opportunità di business web based è un dato di fatto: basti pensare alle imprese con maggiore capitalizzazione in borsa negli USA, ovvero Google, Apple, Microsoft... Ok stiamo parlando di capolavori dell'ingegneria, di aziende rivoluzionarie, ma solo per avere un riferimento.
Tornando nel nostro territorio, sono migliaia le start-up che vengono al mondo e che hanno come core business attività profondamente radicate nella rete, come ad esempio web marketing, e-commerce, social networking ecc. Non tutti sanno, però, che ormai il  2% del nostro caro e amato Pil è frutto di attività svolte sul  web. Il 2%!! L'agricoltura rappresenta il 2,63% (Istat) del medesimo indicatore, ed ha a sua disposizione un Ministero e numerose poltrone a livello locale. Un altro dato: studi statunitensi hanno evidenziato che raddoppiando la velocità delle connessioni, cioè investendo in banda larga, si avrebbe un effetto positivo sul reddito prodotto annualmente di circa lo 0,3%, poco meno di quanto cresce annualmente la nostra economia. Fin qui ci siamo soffermati sui numeri, ma pensate all'effetto positivo di connessioni più rapide in tutti i settori in termini di aumento di efficienza!
In conclusione, cari lettori, è necessario che anche il mondo politico si apra formalmente a questa incredibile opportunità oppure dovrebbe semplicemente considerarlo parte integrante di ogni sua attività? In altri termini, serve davvero un Ministro di Internet oppure tutti i Ministeri dovrebbero essere in grado di sfruttare questa risorsa nel migliore dei modi all'interno del loro settore?




mercoledì 9 novembre 2011

Punto di non ritorno

Cari lettori, quella di oggi è stata una giornata a suo modo storica e non di certo per motivi positivi.
Perchè? Oggi lo spread Btp - Bund ha raggiunto il suo picco massimo da quando esiste l'euro. Durante le negoziazioni della giornata si è arrivati anche a 575 punti base, con i rendimenti a 10 anni che hanno superato il 7%, la quota individuata come punto di non ritorno (anche se questo limite è mobile e dipende dalla situazione di un paese). Superata tale soglia, gli economisti pensano che diventi insostenibile il rifinanziamento del debito tramite altro debito, a causa dei troppi elevati interessi da pagare. Superata tale soglia si è costretti a chiedere aiuto, sulla scia di quanto fatto da Grecia, Portogallo e non solo. Paesi che di questi tempi di certo non brillano per stabilità e solidità.
Alcuni numeri: Berlino per i suoi titoli di Stato con la medesima scadenza paga l' 1,73%, Roma, in chiusura di seduta, il 7,25%. Da luglio la forbice si è allargata di circa 200 punti base. L'Irlanda, tanto dipinta come Stato alle corde offre appena un punto percentuale in più di noi.
Con tutto questo voglio solo dire che siamo sull'orlo del baratro, al centro di una gravissima crisi non certamente causata da speculazione finanziaria (che ha comunque contribuito) ma dall'incapacità della nostra classe dirigente e l'immobilità dell'economia reale. Qualcuno ha definito la nostra situazione drammatica.
Le ipotesi sul nostro futuro sono diverse e molto incerte. Una domanda: bisogna sempre aspettare e arrivare al limite prima di deciderci a darsi una mossa? Dobbiamo arrivare a raschiare il fondo prima di svegliarci? Nel frattempo il mondo intero ci ride dietro.



lunedì 7 novembre 2011

B - tax

In molti vi sarete chiesti come mai, da un po di tempo a questa parte, da un giorno all'altro l'indice della borsa di Milano sia soggetto a improvvisi (e rari) picchi positivi e frequenti crolli. La spiegazioni del motivo vero e proprio non è nota a nessuno, c'è molta irrazionalità nei mercati finanziari di questi tempi. Le sorti di un Paese possono dipendere anche da una voce di corridoio, la quale può dare la spinta giusta oppure affossare del tutto la fiducia degli investitori sul futuro del Paese stesso. Il solo timore che le cose possano andare male, rende più probabile che ciò si realizzi, così come l'euforia spesso acceca la razionalità nella compravendita di titoli. Ecco, oggi ne abbiamo avuto tutti la prova. 
Dopo la smentita delle ipotetiche dimissioni del nostro Premier, la borsa di Milano ha nettamente rallentato la sua corsa, chiudendo comunque in positivo. Voci più o meno attendibili che hanno spostato masse di milioni di euro nel giro di pochi minuti. Evidentemente gli addetti ai lavori (e non solo) ritengono che molti dei problemi dell'Italia siano riconducibile a Berlusconi, tanto che una sua uscita di scena ne risolleverebbe almeno in parte le sorti. Alcuni azzardano addirittura che almeno 100 dei punti base di spread che dividono i nostri titoli di stato da quelli tedeschi  siano causati proprio dalla presenza del Cavaliere.
Vero o no che sia, tutti quanti si sono fatti un opinione a riguardo. A dirla tutta, però, questo grafico fa riflettere...


sabato 29 ottobre 2011

Parole parole parole

Comunicazione di servizio: se notate un velo di polemica in questo articolo non vi state sbagliando.
Infatti, oggi vorrei discutere con voi del tanto discusso argomento dei costi della politica. L'ispirazione mi è venuta leggendo il Corriere Della Sera di qualche giorno fa.
Ricordate i titoli delle varie testate giornalistiche che hanno contribuito ad arroventare una già calda estate? Quelli che parlavano di un possibile dimezzamento del numero dei parlamentari? Sembrava si dovessero fare tagli epocali, giusto per allinearsi con i parametri degli altri paesi dell'Eurozona (dati che si guardano solo quando fa comodo). Per chi non lo sapesse, infatti, siamo tra gli Stati con il più alto numero di rappresentanti, i quali risultano anche tra i più lautamente retribuiti.
Ma torniamo a un mese fa. A settembre da tutti gli schieramenti politici sono risuonate le voci che evidenziavano la necessità dei tagli sopra citati, fino al punto che qualcuno parlava addirittura di un disegno di legge già pronto. Sembrava ci fossimo vicini.
Qualche giorno fa, invece, il ministro Tremonti si è trovato sul tavolo una lettera proveniente dalla Camera dei Deputati, la quale riportava la previsione di spese per la Camera stessa per il 2014. Ebbene la cifra richiesta ammontava a 992.000.000 €. Novecentonovantadue milioni. Di per se questa somma dice poco. Inizia a farci riflettere quando si nota che è pari a quella del 2012 e del 2013. La domanda ora sorge spontanea: e i tagli dove sono finiti? Solo tante belle parole come al solito? Solo altre illusioni per un popolo che non ne può più di sostenere a proprie spese le inefficienze dei Palazzi di Roma.
Ora, è innegabile che il periodo non sia dei migliori, ma continuare a chiedere sacrifici a chi già ne fa da anni e non toccarsi minimamente le tasche non è di sicuro un segnale di vicinanza alla popolazione che si dovrebbe rappresentare. Anzi, se si vuole essere precisi, bisogna dire che, mentre il PIL dell'ultimo decennio segna un +5%, le spese di Montecitorio registrano un +40%. Niente male.
Che dire di più? I numeri parlano da soli e sono imbarazzanti, ancor di più se confrontati con la medesima voce di spesa di altri Paesi. L'Europa ci ride dietro. Da qui a poco sarà anche più facile licenziare il personale per le aziende in crisi. Ma guai a ridursi un po lo stipendio, anche solo per segnalare che il momento è duro per tutti, per far vedere che solo con sforzi comuni c'è uno spiraglio di speranza di uscire da questo tunnel. Un'altra occasione persa. Peccato.



lunedì 24 ottobre 2011

Giovani 2.0

Da buon universitario tutte le mattine salgo in treno direzione Padova, dove mi aspettano lezioni e compagni. Come tutti i giorni, anche oggi ho avuto modo di vedere in quanti ragazzi facciano la stessa vita che faccio io, quella dello studente. Ma non é la routine di molti ventenni l'argomento del post di stasera. Quello su cui mi vorrei soffermare ora è il futuro che aspetta tutti noi giovani, quello che verrà una volta abbandonati banchi e libri.
Alcuni dati, tanto per iniziare: il tasso di disoccupazione giovanile si aggira attorno al 28%, in notevole aumento rispetto gli anni scorsi e decisamente superiore alla media degli altri paesi OCSE. I salari reali (considerando anche l'effetto dell'inflazione) sono, invece, ben al di sotto di quelli dei nostri colleghi europei. Pensioni? Meglio non parlarne.
Insomma, una volta usciti dall'università non inizia la pacchia, non per tutti almeno. La differenza rispetto a una ventina di anni fa è che non ci è concesso decidere cosa fare, scegliere quello che sarà il lavoro che andremo a fare per tutta la vita. Oggi bisogna ingegnarsi ed inventarsi una professione. Anche oltre i confini dell'Italia. Per questo sono da apprezzare coloro i quali, pur rischiando grosso, si buttano e provano a dare una svolta alla loro esistenza, anche se con scarsi risultati! Stando con le mani in mano e non facendo altro che lamentarsi difficilmente si combina qualcosa. Così come senza la collaborazione è difficile uscire vincitori dall'arena chiamata mondo del lavoro.
Concludo quest'invito all'azione e provo ad animare lo spirito imprenditoriale che più o meno tutti hanno dentro di sè ricordando che molti partendo da zero hanno realizzato il loro sogno, sono diventati qualcuno, vivono felici: tutte cose che non hanno prezzo.

giovedì 20 ottobre 2011

Caos Bankitalia

Tra le numerose questioni che il governo si trova ad affrontare in questo periodo ce n'è una particolarmente scottante, soprattutto per il suo impatto a livello europeo. Il 31 Ottobre, infatti, è il termine ultimo per la nomina del successore di Mario Draghi, il quale lascerà i vertici della Banca D'Italia per andare ad occupare la prestigiosa poltrona di presidente della BCE, la Banca Centrale Europea.
I possibili candidati per il dopo-Draghi a Palazzo Kock, sede di Bankitalia, sono essenzialmente tre:

  • Lorenzo Bini Smaghi. Attuale membro del board della BCE, il più gettonato.
  • Fabrizio Saccomanni. Già direttore generale della Banca D'Italia.
  • Vittorio Grilli. Ora come ora direttore generale del Tesoro.
Un'eventuale candidatura di Bini Smaghi aprirebbe una sorta di incidente diplomatico con la Francia, la quale resterebbe senza rappresentanti nella massima istituzione economica europea dal momento del passaggio di consegne tra Jean Claude Trichet e Draghi. Già a giugno Berlusconi aveva invitato il rappresentante italiano del board BCE alle dimissioni per lasciare spazio ad un membro transalpino. Un'attrito tra Francia e Italia in un periodo così difficile per tutta la zona euro di sicuro non tranquillizzerebbe i mercati, anzi.
L'annuncio del nuovo governatore della Banca D'Italia dovrebbe essere imminente, anche grazie alle sollecitazioni di tutta Europa per dare un segnale di decisione.



sabato 15 ottobre 2011

Indignados

Buongiorno a tutti, cari follower!
Il post di oggi sarà diverso da tutti quelli a cui avete preso visione fino ad ora. Quello di oggi sarà un post scritto da più mani: le mie e le vostre.
Quello che vorrei proporvi, infatti, è una specie di sondaggio, il cui argomento, come ricorda il titolo, sono le proteste a cui stiamo assistendo in questi giorni. Sicuramente ne avrete sentite di tutti i colori dai vari media. Sono giustificati questi malumori? Sono supportate da conoscenza di come effettivamente stanno le cose o si manifesta "per sentito dire"? La violenza è dovuta ad inciviltà o all'esasperazione dei manifestanti? Davvero sono le banche il problema dell'economia del 2011?La situazione è veramente così grave?
A voi la parola!!





sabato 8 ottobre 2011

CDS

Una sigla sta iniziando a farsi sentire con sempre più frequenza in questi giorni nei diversi media. Si tratta di CDS, acronimo inglese che significa Credit Default Swap, uno strumento finanziario, in particolare un derivato, paragonabile ad una polizza assicurativa.
Proviamo a spiegarne il funzionamento dopo averne dato una definizione. Semplificando al massimo sono titoli che permettono ad un investitore di proteggersi dal fallimento di un emittente, dietro il pagamento di un premio. Il motivo della loro notorietà è tanto banale quanto preoccupante: il prezzo del premio per i CDS che coinvolgono l'Italia sta continuamente crescendo, il che vuol dire che il mercato (o gli speculatori) sono sempre più persuasi che un nostro crack sia prossimo. Per capire meglio porterò questo esempio: la vostra assicurazione sulla vita costerà molto di più se avete 70 anni e lavorate in miniera piuttosto che se siete dei giovani impiegati delle statali. Così funziona il mercato dei Credit Default Swap: più sono alte le probabilità di un default, più costerà proteggersi contro questo evento. Attualmente la probabilità che questo avvenga si aggira attorno al 30% nei prossimi 5 anni. Non un bel dato. Capite bene che un aumento del prezzo di questi derivati da luglio è aumentato del 160% circa non è di certo il genere di notizia che fa piacere.
Ulteriore dettaglio sui CDS riguarda il loro mercato: non sono regolamentati, vengono negoziati over the counter, quindi non sono assoggettati a particolari limitazioni o norme, poco limpidi e difficilmente tracciabili.
Queste informazioni chiariscono i motivi delle paure degli alti vertici della finanza europea. Il fatto che siano considerati indice di rischio di fallimento, che siano così popolari ma così tanto oscuri fa temere attacchi speculativi.
Le cause di tanta poca fiducia nell'Italia? Le sappiamo tutti.


venerdì 7 ottobre 2011

Chromezone

Forse dai precedenti articoli lo avevate capito, oggi lo confessiamo: siamo interessati a ciò che riguarda il retail. A conferma di ciò oggi vi parliamo del primo store fisico di Google, da pochissimi giorni aperto nel cuore di Londra e arredato con i tipici colori del marchio. Questo evento ha richiamato l'attenzione di molti esperti del settore, in quanto attraverso questa mossa strategica Google si apre un nuovo canale di vendita diretto. Non solo online, quindi. La finalità principale di questa inaugurazione è stata apertamente dichiarata: l'obiettivo, infatti, è promuovere il Chromebook, il primo notebook con sistema operativo Google Chrome. Toccare, provare, navigare, vivere l'esperienza di una novità in prima persona. Da questo punto di vista si può dire che l'esperienza più che positiva di Apple abbia fatto da fonte di ispirazione. Vedremo se il successo sarà lo stesso, anche se la vediamo difficile visto che un Apple Store fattura qualcosa come oltre 30 mila euro al metro quadro all'anno.





Il Chromebook.



mercoledì 5 ottobre 2011

Tassa.li

Quante volte ci è capitato di andare in qualsiasi negozio e uscirne senza lo scontrino? Magari senza farci caso o senza darci troppo peso. Ecco, così facendo avete assistito ad un episodio di evasione fiscale.
Oggi parleremo di un'applicazione per smartphone che ci consente di passare all'azione, di essere soldati nella battaglia contro questo dilagante fenomeno. Stiamo parlando di tassa.li, nato dall'idea di Edoardo Serra, giovane imprenditore con la passione per il web. Tassa.li consente a chiunque ne faccia uso di segnalare situazioni di evasione fiscale pur restando nell'anonimato: nel sito è possibile vedere la mappa dei luoghi da dove sono arrivate le segnalazioni e il numero totale di queste, oltre alla cifra evasa nel complesso. Per ulteriori informazioni consiglio a tutti di dare un occhio alla pagina web, davvero molto interessante e utile.
Chiudo ricordando a tutti che non farsi fare una fattura o non esigere lo scontrino è un autogol: l'esercente evita di saldare i propri conti con lo Stato sia attraverso la non corretta disciplina dell'IVA sia perchè il suo imponibile risulta inferiore e la somma che il fisco si aspettava di raccogliere ma che non ha ottenuto ce la troveremo spartita l'anno successivo sotto forma di maggiori tasse. Non lamentiamoci, quindi, se anche noi nel nostro piccolo non siamo cittadini modello.


p.s. tassa.li è disponibile nei vari market online dei rispettivi sistemi operativi.

giovedì 29 settembre 2011

Temporary store

"Guarda là, è nuovo quel negozio?"
Cari lettori, l'argomento che stiamo per affrontare riguarda un fenomeno forse a molti di voi già noto. Sotto la lente d'ingrandimento oggi ci sono i temporary store (o temporary shop), che possono essere definiti come negozi con la peculiarità di rimanere aperti per un periodo di tempo limitato, solitamente dalle poche settimane al paio di mesi. Spesso la nascita di uno di questi punti vendita non è nemmeno annunciata, suscitando anche l'effetto sorpresa molto caro agli operatori di marketing. Come al solito, sono gli USA la patria di questa tendenza (oltreoceano vengono detti pop-up shop), già da tempo collaudata e affermata.
Ma andiamo con ordine ed analizziamo i vantaggi che offre l'apertura di un temporary store, in modo tale da spiegare per quali motivi vanno così di moda.
Prima di tutto c'è un evidente nota positiva dal punto di vista dei costi: la limitata durata temporale, infatti, consente all'impresa di risparmiare sui costi fissi di affitto (che di crisi non ne vogliono sapere) e del personale che altrimenti verrebbero sostenuti per tutti i 12 mesi. Questo risparmio di costo si traduce in prezzi molto vantaggiosi per i consumatori, con sconti che arrivano talvolta anche al 50% - 70% nonostante l'assortimento sia il più recente. All'interno di uno di questi negozi, quindi, difficilmente troverete merce fallata o della collezione dell'anno precedente. Proprio questi ultimi fattori sono i punti di forza principali dei temporary shop.
Ma non è tutto! La stessa durata ridotta è un fattore psicologico rilevante, in quanto il rischio di non trovare domani la taglia di quella bella t-shirt ci spinge a non ponderare troppo l'acquisto e a strisciare il bancomat. Inoltre l'atmosfera nel punto vendita, pensata in modo da indurre il consumatore a pensare di assistere ad un evento, contribuisce a sfruttare l'occasione e il design è estremamente funzionale a stimolare la spesa.
Per come l'abbiamo descritta finora sembra la ricetta perfetta per avere successo. Purtroppo ci sono anche alcuni aspetti negativi. C'è il problema dei resi qualora il capo risultasse fallato, sono ardui da trovare perchè poco pubblicizzati (si perderebbe l'effetto sorpresa) ed è difficile instaurare un rapporto di fiducia col brand.
In Italia la città in cui più se ne vedono è, guarda un po', Milano, ma anche nel resto della penisola il fenomeno è in forte espansione.
Voi che ne pensate? Avete avuto modo di provare l'esperienza di un temporary store?



 Temporary store di Dodo..



...e di Nivea.

lunedì 26 settembre 2011

A cosa andiamo incontro

Come promesso sulla nostra pagina Facebook, oggi parliamo brevemente delle possibili conseguenze del declassamento subito la scorsa settimana ad opera della agenzia di rating Standard&Poor's.
Il rischio principale è quello di un aumento dei tassi d'interesse, con dirette ripercussioni sulle rate dei mutui e quindi sulle tasche delle povere famiglie: come già detto rischio e rendimento si muovono nella stessa direzione ed un downgrade equivale ad una maggiore percezione del rischio di default.
Altra conseguenza, ben di portata maggiore rispetto a quella appena ricordata, riguarda i conti pubblici. Infatti, i maggiori tassi dovuti alla mancata fiducia nel Bel Paese renderanno ancora più difficoltoso il raggiungimento del tanto osannato pareggio di bilancio nel 2013. Questo perchè l'ammontare di interessi da pagare sarà maggiore e quindi maggiori saranno i fondi da recuperare per adempiere alle promesse fatte all'UE. Per non parlare della sempre peggiore immagine a livello internazionale e della sempre minor fiducia nei nostri confronti.
La speranza è che non siano come al solito i cittadini a pagare per errori commessi ai piani alti, errori che potrebbero costare caro all'Italia e all'Europa intera.





venerdì 23 settembre 2011

Business in fashion

Parentesi modaiola per noi! Ci allontaniamo da numeri e mercati finanziari per tuffarci nel mondo del web e del lavoro. 
L'argomento di oggi riguarda un social network, Business in Fashion, sito dedicato interamente ed esclusivamente ai protagonisti attuali e futuri del mondo della moda.
È un progetto giovane e innovativo; nasce il 16 settembre 2010 grazie a Davide Gambarotto, il quale propone il suo progetto come punto di contatto tra i giovani artisti e talenti sparsi per tutta Italia e il mondo del fashion, ambiente sempre più competitivo e nel quale è sempre più difficoltoso inserirsi. Potremmo definire BINF come un “LinkedIn di nicchia”, il cui mercato target è decisamente più circoscritto e selezionato del colosso che recentemente è sbarcato nei listini della borsa di New York.
Spesso le grandi idee nascono da bisogni che si vogliono soddisfare e proprio da questi deriva il progetto BINF: dare la possibilità alle nuove leve di farsi conoscere, promuovere il proprio talento e la propria anima. BINF vuole essere il trampolino di lancio per coloro che rappresenteranno la tradizione sartoriale del bel paese nel mondo e l’eccellenza del made in italy in questo settore.
È stato pensato come un social network perché questa tipologia di attività consente agli iscritti di ampliare il proprio network di conoscenze, instaurare rapporti lavorativi con gli altri membri, aggiungere ai propri contatti anche personaggi già di gran lunga affermati in questo mondo e mettere a loro disposizione le idee e i progetti che si intende sfornare.
Come ogni figlio di facebook, anche BINF ha un area dedicata al profilo dell’artista nella quale inserire la varie informazioni  in modo da poter essere rintracciati dai vari contatti.
La parola d’ordine per questo progetto è collaborazione: in un mondo come quello del fashion, sempre più competitivo, è vitale riuscire ad aiutarsi per emergere e avere successo. È universalmente noto come il mondo della moda sia un’arena nella quale i competitors sono portati alla guerra piuttosto che all’alleanza e BINF si propone di invertire questa tendenza.
La piattaforma mette a disposizione degli iscritti numerosi servizi tra cui Press Office e organizzazione di eventi, oltre che un intera sezione dedicata all’ ecommerce, perché se non si vende non si campa.
Inoltre, essendo BINF un ambiente selezionato e rivolto ad un preciso segmento di mercato (quello più volte citato dei giovani talenti desiderosi di mettersi in mostra e degli altri addetti al settore) gode di maggiore credibilità, proprio per la sua esclusività e la sua particolarità; inoltre, gli utenti si sentono più coinvolti e più consapevoli che chi fa parte della famiglia BINF ha gli stessi suoi interessi e le stesse ambizioni di carriera.
Secondo noi una gran bella iniziativa, degna di essere citata. Un grosso in bocca al lupo a tutti gli addetti ai lavori e ai talenti già facenti parte della community.

giovedì 22 settembre 2011

Le agenzie di rating

Sono sulla cresta dell'onda in questi ultimi giorni, ma cosa sono davvero? Di cosa si occupano? Perchè ne parlano tutti?
Andiamo con ordine. Le agenzie di rating sono delle società che provano a darci un idea del rischio che si corre nell'acquistare titoli obbligazionari provenienti da un certo emittente.
Le principali sono Standard & Poor's, Moody's e Fitch, tutte di nazionalità americana.
Ognuna di esse esprime la sua valutazione in lettere, per cui un emittente AAA è considerato sicuro, o meglio, risk free. Ciò significa che le possibilità che un investitore resti in braghe di tela dopo l'acquisto del titolo è minima, se non nulla. Al peggiorare del giudizio aumenta il rischio di insolvenza dell'emittente, il quale è costretto ad offrire un tasso di interesse maggiore per riuscire a vendere i propri titoli e reperire così le fonti di finanziamento di cui necessita.
Le agenzie di rating rivedono costantemente nel tempo le loro stime e le valutazioni precedentemente assegnate: una revisione al rialzo del rating è definita UPGRADE, una al ribasso DOWNGRADE.
Oltre al giudizio gli esperti propongono anche un outlook, ovvero una sintesi sulle prospettive future nel medio termine, una previsione di come saranno i mesi che verranno. Un outlook negativo fa pensare che l'emittente con buone probabilità verrà declassato, mentre uno positivo ci induce a credere il contrario. Qualora non ci siano cambiamenti di rating in previsione, l'outlook è stabile.
Molti criticano l'operato di questi istituti, memori degli abbagli presi in passato, Lehman Brothers l'esempio lampante, giudicato emittente sicuro e poi clamorosamente fallito, facendo scoppiare la miccia della crisi del 2008. Molti altri affermano che le loro valutazioni sono guidate da credo politici. Vero o falso che sia un downgrade dovrebbe indurre l'emittente a rivedere i propri piani e i propri conti, le proprie politiche e i propri investimenti: in questo mondo niente è gratuito, neanche le bocciature.


Ecco le varie scale usate dalle agenzie di rating. I titoli con i voti più alti sono i più sicuri, mentre a fondo scala troviamo i Junk Bond, le obbligazioni spazzatura.

mercoledì 21 settembre 2011

Classe A

Downgraded.
Proprio così, dopo mesi di analisi e osservazione, è arrivato il tanto temuto declassamento (da A+ ad A) del nostro debito sovrano da parte di Standard&Poor's, la famosa agenzia di rating americana. In parole povere, dopo aver valutato attentamente vari aspetti economici dell'Italia, si è arrivati alla trite conclusione che non è più così sicuro investire in titoli statali italiani, poichè c'è una certa percentuale di rischio che lo Stato risulti insolvente, ovvero non riesca a rimborsare i propri creditori. Inoltre le prospettive non sono così rosee, in quanto l'outlook è negativo, cioè non c'è grosso ottimismo sul fatto che le cose possano migliorare. 
Le motivazioni fornite da S&P sono le seguenti: instabilità politica e assenza di crescita, oltre all'enorme ammontare di debito pubblico, fardelli che l'Italia deve sopportare da troppo, troppo tempo. Il continuo richiamo degli imprenditori alla mancanza di un piano che preveda provvedimenti strumentali alla crescita di questo Paese non è servito. La pressione dei media neanche. Che sia forse giunta l'ora di dare una svolta? O dobbiamo aspettare un altro schiaffo anche da Moody's, altra agenzia che si occupa di valutare la sicurezza delle obbligazioni, che in molti danno come prossimo? E per favore, non rendiamoci ulteriormente ridicoli incolpando gente a caso.


mercoledì 14 settembre 2011

Mai contenti

Riportiamo oggi un estratto di un'intervista all'onorevole Rotondi, pubblicata su "La Repubblica" un paio di mesi fa, ma non per questo non attuale.
A parte l'essenza offensiva di queste parole verso chi lavora 8 ore al giorno per portare a casa lordo poco più di un quarto di quello che netto rimane al Ministro, è fuori dubbio che le cose vadano cambiate.
Anche con "solo" 4 mila euro netti al mese, penso che ci si possa permette un'assicurazione, si riesca a far fronte alle spese mediche, si possa pagare un pasto per quello che costa (ecc ecc ecc), invece di continuare a pesare sulle spalle del popolo.
All'interno della manovra erano state avanzate proposte per la riduzione del numero dei Parlamentari, per l'eliminazione dei doppi incarichi, per il taglio a certi assurdi privilegi: niente da fare, a quanto pare i saldi continuano solo a Palazzo Madama e Montecitorio.
Siamo alle solite insomma, rientra nella mentalità di molti non far nulla per la collettività e far sudare ancor di più  gli altri. Pur di non rinunciare a cifre astronomiche (in troppi casi non giustificati da fatti o risultati) per il bene comune si cercano rimedi epocali. Oppure si taglia dove non si dovrebbe, istruzione in primis.
Ma è sempre stato così purtroppo. Alla fine, come fare a sfamare una famiglia con solo 4 mila euro a disposizione?


martedì 13 settembre 2011

Dicono di noi

Siamo ancora piccoli, molto piccoli, ma si inizia a sentire la nostra voce!
Un grazie sincero al caro amico Siro.
A presto follower!!

lunedì 12 settembre 2011

11/09

Sono state celebrate ieri le cerimonie per la commemorazione delle vittime degli attentati terroristici dell'11 Settembre 2001. Con un pensiero alle famiglie delle persone scomparse, andremo ad analizzare le conseguenze economiche di questo drammatico evento.
Da quel giorno fino al 17 Settembre i listini borsistici rimasero chiusi, e alla loro riapertura crollarono come qualche giorno prima fecero le Twin Towers. L'indice Dow Jones (il principale del mercato borsistico statunitense) quel giorno calò di oltre il 7%, con perdite settimanali del 14,3%: vennero così bruciati 1400 miliardi di dollari.
Non proprio tutti, però, si misero le mani nei capelli alla vista degli aerei schiantati sulle Torri. Si registrarono infatti anomali volumi di scambi speculativi di azioni delle compagnie aeree coinvolte, ovvero United Airlines e American Airlines. Voci di malpensanti o ulteriori indizi della famosa teoria del complotto?


sabato 10 settembre 2011

Fashion 2.0 - Numbers

In questi giorni di fine estate caratterizzati dalla caccia all'ultimo affare, sperando che la taglia rimasta in saldo sia proprio quella giusta, è interessante spostare l'attenzione ad una tendenza in forte crescita negli ultimi anni. In questo post infatti parleremo del cosiddetto E-Commerce e dei numeri che questo genera nel nostro paese. La diffusione di Internet, della banda larga e degli smartphone ha senza dubbio modificato il processo d'acquisto classico del consumatore. Le informazioni di cui si può disporre sono illimitate o quasi, è più facile confrontare articoli, trovare negozi ecc... Quello di cui però poco spesso si parla è dell'acquisto vero e proprio eseguito nel web. Dati recenti segnalano che sono 8 milioni i nostri concittadini che fanno shopping in rete, con un giro d'affari complessivo di oltre 490 milioni di euro nel 2010, in aumento rispetto all'anno precedente di più del 40%.
Vediamo di interpretare queste cifre. Senza dubbio la spinta verso Internet anche per acquistare capi d'abbigliamento è molto forte, nonostante per pochi prodotti come quelli fashion l'esperienza nel punto vendita risulta determinante. Inoltre, vince la comodità di ricevere a casa un pacco rispetto alla sicurezza di provarsi il capo e vedere come veste. In conclusione, sembra passata la diffidenza del consumatore verso i pagamenti online, grazie anche alle modalità sempre più agevoli e sicure di effettuare questo tipo di operazione.
Finirà Internet per sostituire i punti vendita fisici? Personalmente non credo, anche se a mio avviso vinceranno i brand che riusciranno a conciliare l'esperienza nello store con un efficiente negozio online.
Voi che ne pensate? Quali sono gli articoli che sono più facili da comprare in rete? Quanto spesso effettuate acquisti via Internet?

mercoledì 7 settembre 2011

Poltrone sprecate

Sfogliando online le principali testate giornalistiche italiane, ho avuto modo di leggere un articolo che sintetizza il momento nero del Bel Paese.
La "news" è la seguente: 50 giorni di ferie quest'estate, la bellezza di 16 sedute dall'inizio dell'anno e una decina di migliaia di euro come stipendio mensile. Questi sono i numeri tutt'altro che ammirabili del Consiglio Regionale della Lombardia. Non male per un paese da molti considerato sull'orlo del fallimento.
I dubbi riguardo alla reale utilità di un numero così elevato di persone che si occupano della Pubblica Amministrazione a tutti i livelli, dai comuni al Parlamento, ormai sono chiariti.
Il problema è che, come sempre, vengono richiesti sacrifici continuamente a chi di sforzi ne fa da una vita, mentre chi in primis dovrebbe dare un segnale forte che si vogliono cambiare le cose, che si vuole davvero dare una svolta a questo brutto corso, non agisce di conseguenza. Infatti, le ricadute sulla credibilità di cui godiamo nel panorama internazionale sono chiare.

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lunedì 5 settembre 2011

Mensa per poveri..o no?


Abbiamo parlato di manovra. Ecco, direi che è il caso di iniziare da qui. 

Flash news: Insalata Russa

Che siano in notevole aumento le presenze turistiche russe nel nostro paese è sotto gli occhi di tutti. 
Che siano soprattutto loro che spendono (e molto) nei nostri  negozi anche. 
C'era da aspettarsi, quindi, che alcuni negozi iniziassero ad esibire avvisi nei  pressi delle casse scritti in cirillico oltre al solito inglese, come ieri ho avuto modo di constatare.
C'è chi parla di invasione, c'è chi ringrazia il cielo che finalmente qualcuno acquisti, c'è chi si lamenta per la poca cortesia dei clienti e chi della troppa attenzione rivolta a questi. Tutti noi, però, a mio avviso, dobbiamo sperare che continuino ad arrivare lussuose macchine targate Mosca alle porte dei nostri esercizi commerciali e che i rispettivi bauli ne risultino sempre colmi: nessuno come loro in questo periodo ha la stessa possibilità di spesa.

giovedì 1 settembre 2011

Ora o quando?

Manovra, tagli, emendamenti, pensioni, tasse... Non si parla d'altro in questi ultimi giorni d'estate.
L'impressione, però, non è delle migliori dal mio punto di vista. Sembra infatti che non si faccia altro che proporre soluzioni temporanee, medicine che non guariscono la malattia ma alleviano il dolore. 
L'Italia ha senza dubbio bisogno di ridurre i costi (a partire dai tanto invocati tagli alla politica), ma non si può ulteriormente rinviare il momento di proporre qualcosa che aiuti veramente a far ripartire il paese, che dia una spinta all'industria, che snellisca l'apparato burocratico che frena le grandi aziende dall'investire nel nostro territorio. Insomma, bisogna provare a sconfiggere il più grande dei problemi che ci affliggono: la crescita che non c'è.
Il testo definitivo della manovra, comunque, deve ancora essere approvato: i commenti, quindi, li rimandiamo a quel momento, nella speranza che le misure adottate siano eque e che a fare sacrifici non siano sempre le stesse persone.

martedì 30 agosto 2011

Coopetizione

Termine forse non molto noto alla maggioranza delle persone, ma a mio avviso concetto fondamentale quando si parla di mercato. Per coopetizione si intende quell' atteggiamento di collaborazione-competizione che si instaura tra imprese a certe condizioni: queste uniscono gli sforzi e condividono i costi al fine di ottenere un certo tipo di vantaggio competitivo.
In questo articolo vorrei però soffermarmi su una particolare sfumatura di questo argomento. Un esempio tenterà di chiarire le idee: una via che ospita un solo negozio avrà sicuramente meno traffico commerciale rispetto ad una piena di attività. Certamente ciò aumenterà la concorrenza e la competizione tra i diversi esercizi, ma allo stesso crescerà anche i numero di persone che passano davanti alle varie vetrine.
Ricapitolando: ci si aiuta per attirare clienti e poi ci si da battaglia per accaparrarseli.
Quella appena fornita potrebbe essere la spiegazione dell'esistenza delle cosiddette "vie dello shopping", come via dei Condotti (Roma), corso Vittorio Emanuele (Milano), 5th Avenue (New York) ecc... Un ulteriore esempio è quello dei numerosi ristoranti che si trovano nella stessa strada soprattutto nelle località turistiche.
La presenza di diverse attività giustifica ed è il motivo del passaggio dei clienti, dove questi entrino o si accomodino, poi, dipende anche dall'abilità attrattiva del gestore.
Questo ragionamento mi porta ad una domanda: non sarebbe opportuno implementare un minimo di pianificazione (senza per questo ostacolare il libero mercato) sull'ubicazione di certe attività al fine di rilanciare una zona "morta", un centro città vuoto, magari concedendo affitti a condizioni vantaggiose o altri tipi di agevolazioni? 
Una piazza affollata e turisti sono come l'aria per numerosi esercizi. In un periodo così difficile per tutti, poi, forse solo collaborando si ha la possibilità di tornare a vedere la luce.

sabato 27 agosto 2011

Magna Grecia

Che la Grecia non stia attraversando il suo periodo migliore di certo non è una novità.
Nei giorni scorsi, come se non bastasse, i rendimenti dei titoli di stato greci sono schizzati alle stelle, se non oltre: oltre 40% con scadenza a 2 anni (per dare un'idea, quelli italiani rendono il poco meno del 3,5%). Sostanzialmente questo numero ci dice che neanche il mercato ormai crede in una possibile ripresa. Un ulteriore record è stato registrato per le obbligazioni a 10 anni, che, per chi ama azzardare, rendono più del 17%, con spread ai massimi storici, 1514 punti base, che corrispondono a più di 15 punti percentuali.
Non una bella situazione, quindi, per gli amici ellenici.

venerdì 26 agosto 2011

No, qui no!


NIMBY non è il nome dell'ultimo gioco per la Play, nemmeno quello di qualche strano modello di auto. NIMBY è l'acronimo per "Not In My Back Yard", che tradotto in Italiano significa "non nel mio giardino".

Si tratta nell'atteggiamento che si tiene quando si è sia favorevoli alla costruzione o alla realizzazione di un'opera di interesse pubblico che contrari alla stessa solo perchè si teme che possa danneggiare il "giardino") in cui si vive. Nimbies sono le persone che adottano questo tipo di comportamento. Gli esempi sono numerosi: autostrade, ponti, centrali nucleari ecc...
Queste opere vengono riconosciute necessarie quindi, ma un certo tipo di egoismo spinge a protestare contro la loro costruzione.
"Si, bell'idea, basta che non la si realizzi qui".
D'accordo, a nessuno fa piacere svegliarsi col rumore di un treno o aprire la finestra e vedere una centrale termonucleare, ma da una parte o dall'altra certi lavori vanno eseguiti, in quanto strumentali alla crescita economica e non solo del Paese nel suo complesso (vie di comunicazione in primis). Forse è proprio questo tipo di mentalità che frena grandi imprese ad investire in Italia, accentuando la già problematica situazione.
Uno sguardo in più oltre il proprio giardino può davvero essere il primo mattone verso una ripresa? Quanto giusto è anteporre i propri interessi (seppur importanti) a quelli di un intero popolo?