martedì 27 dicembre 2011

Meno pacchi sotto l'albero

Ve lo avevamo preannunciato una ventina di giorni fa, quando avevamo parlato del black friday.
Le vendite natalizie sono da sempre un termometro per l'economia, ci dicono molto sulla salute delle tasche dei consumatori. Bene, se c'è un dottore in sala è il caso di chiamarlo.
L'Osservatorio di Federconsumatori ha reso noti i dati riguardanti le festività da poco trascorse. C'è da preoccuparsi. Natale è tra le poche occasioni annuali in cui le folle si riversano nei negozi e spendono parte delle loro finanze per i tradizionali regali. Da sempre questo periodo è atteso dai negozianti come la manna dal cielo, è una boccata d'aria fresca: anche per gli esercenti il periodo non è dei migliori e incassare e far ruotare il magazzino smaltendo le scorte aiuta notevolmente.
Purtroppo, quest'anno ha vinto la paura della tanto annunciata recessione del 2012, ha dominato l'incertezza sul futuro, e i soldi, quei pochi che sono rimasti, sono ancora sotto il materasso. Certamente anche la riforma da poco approvata dal governo Monti ha contribuito a portare questo tipo di situazione. I dati parlano del Natale peggiore dal 2000, con una flessione dei consumi di oltre 400 milioni e segno negativo nelle vendite in tutti i settori, tranne l'elettronica.
Considerando che i consumi determinano circa il 70% del PIL, capite bene quanto possa preoccupare un calo così netto in un periodo che da sempre rappresenta una buona fetta del totale annuale.
Meno regali sotto l'albero e qualche portata in meno al classico pranzo di Natale quindi: non era di certo quello che volevamo dopo un anno così complicato. 
E pare che il peggio debba ancora arrivare...



martedì 13 dicembre 2011

Outlet

Buongiorno a tutti! 
Natale è alle porte e, come tutti gli anni, col passare dei giorni aumenta la frenesia per trovare il regalo perfetto. C'è chi setaccia i negozi del centro e chi, invece, si muove alla ricerca di soluzioni migliori o più vantaggiose rispetto a quelle disponibili nei paraggi.
Molti sicuramente programmeranno il navigatore verso l'indirizzo di una delle numerose città-outlet che il territorio italiano offre. L'argomento di oggi è proprio questo, l'analisi del fenomeno outlet.
Partiamo, come usuale per noi, dai dati (fonte Pambianco): una delle maggiori aziende del settore in analisi, McArthurGlen, nell'anno in corso ha registrato un ottimo +12% per quanto riguarda il fatturato e continue inaugurazioni di Designer outlets. Numeri niente male, alla faccia della crisi, la quale senza ombra di dubbio ha aiutato la crescita di questo gruppo. Quando il portafoglio piange, si sa, la spesa è più ponderata, ma difficilmente si rinuncia ad avere nel guardaroba gli abiti che si desiderano. Una pizza in meno al sabato sera e una sciarpa in più verrebbe da dire.
Grazie all'offerta dei negozi, che abbinano la qualità dei grandi brand al risparmio, sempre più persone (non solo italiani) fanno tappa nelle varie città-outlet, anche a costo di trascorrere ore e ore in macchina. Difficilmente vedrete uscire qualcuno da questi paradisi dello shopping con le mani libere da sporte o senza aver strisciato la carta di credito.




Il prezzo da pagare per tutto ciò? Le spese di trasporto per raggiungere la meta sono un fattore da tenere in considerazione. Ovviamente, poi, non troverete i capi dell'ultima collezione, non ci saranno gli accessori più in voga del momento, ma per gli evergreen, i capi più classici, c'è ampia scelta. 
Le grandi casa della moda non si sono fatte sfuggire questa opportunità di business (pensate solamente alla più agevole gestione dell'invenduto nei vari retail), arrivando addirittura a proporre soluzioni esclusivamente riservate per gli outlets.
C'è anche chi festeggia, quindi, nonostante le difficoltà economiche e finanziarie che coinvolgono tutta Europa.
Voi siete mai stati in una città-outlet? Che ne pensate dei prodoptti offerti? Può essere questo il mix vincente?





martedì 6 dicembre 2011

La grande esclusa

Dopo anni e anni di inattività si è risvegliato lo spirito riformista italiano grazie al nuovo premier Mario Monti. Proprio in questi giorni, infatti, è in corso di elaborazione il testo di quella grande manovra correttiva che tutta Europa ci chiede per risanare le nostre finanze. Nell'attesa del testo definitivo, si parla di pensioni, IRPEF, ICI, patrimoniali e chi più ne ha più ne metta..nell'incertezza, tuttavia, si pensa già a come e dove investire i propri risparmi per sfuggire al fardello dell'imposizione.
Molti richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica su un'area non minimamente toccata da quelli che presumibilmente saranno i provvedimenti che si andranno ad attuare: i beni della chiesa, in particolare quelli ad uso non esclusivamente commerciale.
Come sicuramente vi è noto, una delle imposte protagoniste della riforma sarà l'IMU (circa la vecchia ICI). Ebbene, restano esclusi dal carico fiscale gli immobili che rientrano nella categoria poco sopra richiamata. Sul web e sui vari social network già da tempo le polemiche si sprecano a riguardo, c'è chi attacca e chi smentisce. Fatto sta che basta che parte di un albergo, di un ristorante o di qualsiasi altra attività contenga al suo interno una zona "religiosa" che si è automaticamente liberi dal versamento dell'imposta in quanto viene a mancare il requisito dell'esclusività commerciale. 
Giusto o meno che sia, così è, almeno per adesso.
Si è parlato di equità, questa doveva essere la vera protagonista della manovra correttiva. Forse nemmeno in questa situazione si ha fatto centro.